Anselmo Grotti Filosofia Alla fonte della misericordia

Alla fonte della misericordia



Anselmo d’Aosta, Alla fonte della misericordia, a cura di Anselmo Grotti, Ancora, Milano 2017, pp. 188, € 16,00.

Anselmo (d’Aosta per noi italiani, di Canterbury per tutti gli altri) è stato spesso interpretato come portavoce di un Dio giudice implacabile, che esige l’espiazione della colpa del peccato sino alla crocefissione del Figlio. Un modo di pensare attribuito genericamente al Medio Evo se non al cristianesimo in quanto tale. Un approccio più rispettoso dei testi non toglie l’autore dal suo tempo, ma permette di leggerlo senza stereotipi. Ne emerge così la capacità di far dire cose nuove alla lingua del suo tempo grazie alla forza che promana dal testo evangelico. La misericordia, la tenerezza di Dio, l’accoglienza della Chiesa verso l’umanità ferita e fragile emergono così con una freschezza simile a quella di una fonte, capace ancora oggi di offrire ristoro.

Il testo presenta un’ampia Introduzione nella quale si affronta il tema di come la misericordia può accompagnarsi alla giustizia. Propone una interpretazione del celebre “argomento ontologico” che lo libera dai fraintendimenti successivi e gli restituisce il ruolo di potente demitizzazione di un Dio immaginato come “umano, troppo umano”. contrariamente a una immagine banalizzante dell'”oscuro medioevo” si mette in luce la freschezza dell’atteggiamento di Anselmo verso la realtà e la nostra umanità, con una sottolineatura dell’aspetto pedagogico.

L’antologia dei testi sulla misericordia divina è strutturata secondo quattro passaggi: la misericordia che si esprime nel dono del venire all’esistenza del mondo e dell’umanità; la salvezza offerta senza merito da parte nostra; la fiducia nella “scandalosa” misericordia divina nel procedere della storia della Chiesa come comunione. Sono antologizzati non solo i testi filosofici, ma anche le Orazioni e Meditazioni, e sarà una sorpresa per molti scoprire come nell’XI secolo Anselmo parlasse con tanta confidenza di un Dio “materno“, come tratta con Lui usando assieme la stringente dialettica di un filosofo e la sfrontata confidenza di un bambino.

Per riceverlo

Da una intervista all’autore

La Collana “Rachamin / Misericordia”, promossa dal Centro Studi sull’Amore Misericordioso, ha una sezione dedicata alle Fonti della tradizione cristiana. È appena uscito un altro titolo in questa sezione, dedicato all’idea di misericordia in Sant’Anselmo d’Aosta. Il curatore è il prof. Anselmo Grotti, al quale abbiamo rivolto alcune domande sul suo libro:

  1. Entrare in dialogo con un autore come Anselmo, cercando di mostrarne l’attualità senza travisarne il pensiero, è un’impresa non facile. Qual è il modo in cui si è accostato a questo grande Santo e quali i motivi per cui oggi ne consiglierebbe la lettura?

Scegliere proprio Anselmo come autore da interrogare sul tema della misericordia può sembrare poco meno di una provocazione. Di solito si pensa a lui come esempio del modo “medievale” (in senso corrente) di intendere Dio: un Giudice terribile, duro nel tenere la conta dei peccati degli uomini e nell’esigere il prezzo di una morte ignominiosa del suo stesso Figlio. In realtà il pensiero di Anselmo è molto diverso da questi pregiudizi, per questo è fondamentale accostarsi alla lettera diretta delle sue opere.

  • Nella lettura diretta delle fonti anselmiane, quali sono gli elementi che ha trovato più interessanti per riflettere, oggi, sul tema della “fiducia nella scandalosa misericordia divina”, come lei scrive?

Direi l’estrema confidenza nel rivolgersi con fiducia alla tenerezza di Dio. Più volte nelle sue Orazioni troviamo una sorta di duello dialettico con Dio o con i suoi intermediari, che sottende e rimanda a un rapporto di confidenza, all’inedito dono divino di poter chiamare “Abbà” Dio. Un Dio che, pur trascendente e Altissimo non è un moloch o un Baal, è un “babbo mio”.

  • Qual è il contributo che un autore medievale come S. Anselmo può offrire alla Collana e agli impegni culturali e divulgativi del Centro Studi?

Mi auguro sia l’aiuto a comprendere quanto sia importante, in ogni epoca, la capacità di esprimere con le parole del proprio tempo qualcosa che va al di là delle opinioni correnti, capace di aprire lo sguardo e il cuore. Anselmo vive nel suo tempo, la fede e la riflessione sulla fede non lo rendono un alieno precipitato fuori contesto. Gli permettono però di trovare, nelle parole e nella percezione del mondo comuni ai contemporanei, un tono e una luminosità particolari, capaci di far intravedere la novità radicale dell’annuncio evangelico. Credo possa essere anche per noi uno stimolo a vivere il compito culturale e divulgativo con questa libertà di pensiero.

Scheda biografica di Anselmo

Anselmo compie la sua parabola terrena nei 76 anni che vanno dal 1033 (o forse 1034) al 1109. Nasce ad Aosta da nobili genitori (Ermemberga, cui sarà devotamente legato, e Gundulfo, con cui avrà spesso incomprensioni). Dai 23 anni si sposta per studio in Borgogna e in Normandia (a Bec, dove completa gli studi, si fa monaco nel 1060 e poco dopo, a soli 30 anni, diviene priore). Bec sarà la sua felice dimora per 33 anni: 3 anni come monaco, 15 come priore e 15 come abate. Ne dirige anche la celebre scuola. La sua vita cambia nel 1093 quando è nominato arcivescovo di Canterbury: deve assumere forti impegni politici, soprattutto negli scontri con il potere regio (la dinastia normanna si è insediata dal 1066 in Inghilterra). Alla fine del secolo (1097-1100), ormai anziano (64-67 anni) Anselmo è costretto all’esilio per l’acuirsi dei contrasti con il re. Torna prima in Francia e poi in Italia: Cluny, Lione, Roma, Capua, Bari.  Proprio a Bari è protagonista di un decisivo intervento al Concilio di Bari (1098) al tempo delle dispute sul Filioque con i Greci (nel 1054 c’era stato il grande Scisma). L’anno seguente è al concilio di Roma, occupandosi sia di questioni di governo che teologiche. Circa le prime riafferma la illegittimità che siano i laici a nominare chi deve assumere carche ecclesiastiche. Riguardo alla teologia afferma che il peccato originale è specificatamente da attribuirsi ad Adamo, così che Gesù poteva nascere senza peccato solo se concepito dalla sola donna, per opera dello Spirito e non per opera dell’uomo. Il ritorno in Inghilterra nel 1100 è solo temporaneo: è morto il re Guglielmo il Rosso, ma Anselmo si scontra anche con il nuovo re, Enrico I, rifiutandogli il potere di conferire cariche ecclesiastiche. È costretto così di nuovo all’esilio nel 1103: ha ormai più di 70 anni. Oltre Roma, ancora molta Francia: Bec, Chartres, Lione, Cluny. Torna definitivamente a Canterbury nel 1106: adesso re Enrico ha bisogno di lui perché è minacciato dal fratello e dai baroni. Qui muore nel 1109, il 21 aprile, a 76 anni.

L’Europa è molto cambiata in questo periodo. Anselmo aveva 13 anni quando Enrico III riesce a deporre tre papi e far eleggere il tedesco Clemente II – che lo incorona Imperatore (1046), ne ha 19 quando viene eletto Leone IX, grande riformatore della Chiesa, giunto a conoscere il carcere a opera dei Normanni di Roberto il Guiscardo. Leone IX muore nel 1054, l’anno dello scisma con Costantinopoli, quando Anselmo ha 21 anni. Nel 1059 la Chiesa riconosce come vassalli i Normanni e decide che il papa sia eletto dai soli cardinali. Anselmo sta concludendo i suoi studi per divenire monaco. Nel 1066 il duca di Normandia Guglielmo il Conquistare attraversa la Manica e diviene re di Inghilterra. Nel 1071 termine la presenza bizantina in Italia continentale (in Sicilia si protrae sino al 1091). I Normanni di Ruggero d‘Altavilla conquistano l’ultima roccaforte greca: quella Bari che sarà scelta 17 anni dopo come sede del Concilio che tenta, inutilmente, la riunificazione delle Chiese.  In questi anni Anselmo comincia a scrivere le Orationes sive Meditationes. Ha 40 anni quando, nel 1073, diviene papa Gregorio VII, autore della riforma della chiesa che da lui prende il nome. Viene ribadito il divieto di investitura di ecclesiastici da parte di laici, e su questo si apre un fortissimo scontro tra Gregorio VII e Enrico IV (compresi numerosi vescovi tedeschi che ripudiano Gregorio VII e nominano papa il duca di Polonia). È il 1076: l’anno in cui Anselmo comincia la stesura del Monologion e del Proslogion. La riconciliazione dopo Canossa è di breve durata. Enrico IV, di nuovo scomunicato, crea un nuovo antipapa, Guiberto di Ravenna (Clemente III), da cui si fa incoronare nel 1081 re d’Italia e nel 1084, occupata Roma imperatore. I Normanni liberano il papa ma al contempo saccheggiano la città. Sono gli anni in cui Anselmo scrive la trilogia De veritate, De liberate arbitrii, De casu diaboli e, successivamente, De Grammatico. In Inghilterra il potere politico si rafforza e perfeziona l’imposizione fiscale. La redazione nel 1086 del Domesday Book si rivelerò preziosa per gli storici del futuro, ma al tempo ha lo scopo di imporre le tasse attraverso il catasto. È in questo clima che Anselmo vive lo scontro con il potere regio. La fine del secolo vede l’avvio delle Crociate: nel 1095 Urbano II la bandisce, nel ‘96 si svolge quella “dei pezzenti”, nel ’97 quella militare che due anni dopo porta alla nascita del regno latino di Gerusalemme. Tra il ’92 e il ’94 scrive la Epistola de Incarnatione Verbi e nel ’98 termina Cur Deus homo ed interviene a Bari. Il testo di quel discorso al Concilio sarà poi pubblicato nel 1102 (De processione Spiritus Sancti).  Nel 1106 muore Enrico IV e in Inghilterra la lotta per le investiture termina nel 1106 con un compromesso. Anselmo può tornare a Canterbury. Fa ancora in tempo a scrivere De concordia praescientiae et praedestinationis et gratiae Dei cum libero arbitrio. Restano invece incompiute alcune opere come De potestate et impotentia, possibilitate et impossibilitate, necessitate et libertate.

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