Sapore e sapere



Chi è il sapiente? Non è – almeno in prima battuta –  colui che “sa” le cose, ma colui per il quale le cose “sanno”: hanno cioè sapore.

Davanti a qualsiasi cosa (un libro, un bosco, un’opera d’arte, un macchinario) devo essere in grado di conoscere di che cosa si tratta per potervi ritrovare dei significati. La realtà che ci circonda va letta, interpretata, accolta con cura perché possa diventare significativa.

Il cibo ha bisogno di essere cotto, o almeno predisposto in determinate modalità, per essere più appetitoso, per avere maggior “sapore”. Anche il nostro rapporto con la realtà e con la vita ha la stessa necessità.

Sapore e Sapere: più imparentati di quanto si possa credere.

Tutti gli esseri umani di tutte le civiltà hanno avuto bisogno – evidentemente – di mangiare. Ma ciascuno lo ha fatto in maniera specifica, cercando in questo gesto anche tutta una serie di significati: la convivialità, l’amicizia, la condivisione… Ma anche la formazione, che comincia già nel comprendere ciò che fa l’adulto. Gli esseri umani danno molta importanza a questa condivisione di sapori e saperi. I bambini mangiano un cibo quando lo vedono fare a un adulto. Per una scimmia invece questo processo mentale non è immediato. La scimmia non presta attenzione al fatto che gli adulti evitano un certo cibo. Le madri animali non intervengono quasi mai per impedire ai piccoli di mangiare un cibo tossico.

Il cibo è strettamente legato al contesto, sino a identificare “quel” cibo con “il” cibo. Nella lingua vietnamita, giapponese, laotiana e siamese per dire “mangiare” si dice “mangiare riso”. In Omero il termine “uomini” è spesso sostituito dalla locuzione “quelli che mangiano il pane”.

Conoscere quali ingredienti usa una determinata tradizione culinaria e come li cucina significa già conoscere molto di quella cultura. Anche delle culture antiche, il cui studio ci permette di scoprirci fratelli in umanità e in grado di progettare una “convivialità delle differenze” anche con le tante culture contemporanee.

Parlare di cibo non può non richiamarci anche al cibo che manca, oppure che c’è ma non è equamente distribuito. È la fame l’arma di distruzione di massa più radicale.

Sono 113 gli stati che hanno firmato la proposta dell’Onu per una tassazione sui profitti delle multinazionali, del commercio delle armi e una lotteria internazionale. La fame è la condizione comune ad almeno 800 milioni di persone. La sottoalimentazione per un miliardo e trecento milioni. L’attuale produzione alimentare è sufficiente a sfamare il doppio della popolazione mondiale. Il 50% dei cereali viene utilizzato come mangime per gli animali allevati nel nord del mondo, cereali che sarebbero sufficienti a sfamare 400 milioni di persone. Per avere una caloria di origine animale occorrono sette calorie vegetali.

Sradicare la miseria è un obiettivo ambizioso ma tutt’altro che utopistico. Ne conosciamo anche i costi. Per cominciare a garantire a tutti gli abitanti della terra cibo, acqua, assistenza sanitaria e un minimo di istruzione, occorrerebbero investimenti aggiuntivi per 40 miliardi di dollari l’anno. Una cifra minore di quella che gli europei spendono in sigarette; un decimo dei proventi garantiti dai traffici illegali di droga” , ha detto il Segretario Generale dell’Onu Annan nel 1999.

Siamo nel 2022. L’aggressione militare contro l’Ucraina ha peggiorato le condizioni di vita di centinaia di milioni di persone. Nessuno parla più dell’obiettivo di destinare lo 0,7% del Pil in aiuti allo sviluppo, ma siamo pronti ad alzare oltre il 2% la percentuale destinata alle spese militari.

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