Anselmo Grotti Comunicazione,Tutte Creatività: un ritmo tra documentazione e riflessione personale

Creatività: un ritmo tra documentazione e riflessione personale



Tim Berners Lee forse non aveva la consapevolezza di dare l’avvio alla creazione di un unico, gigantesco, infinito ipertesto di tutto il sapere umano (di tutti i tipi e di tutte le qualità…) quando nel 1991 a Ginevra suggerisce un nuovo modo per tenere sotto controllo le ricerche nel campo della fisica. Una possibilità infinita di connessione. Molto diversa la situazione agli albori del XIX. Giacomo Leopardi aveva appena 15 anni nel 1813 quando scrive la Storia dell’Astronomia dalla sua origine fino all’anno MDCCCXI. Un titolo che sarebbe stato pretenzioso per qualsiasi altro, ma non per lui. La sua Storia ha tuttora dignità scientifica, tanto che è stata completata per il periodo dal 1811 ad oggi da Margherita Hack.  Un ragazzo di 15 anni che in sei mesi scrive un’opera di storia della scienza dalle origini al 1811 è di per sé qualcosa che naturalmente non può non stupire.

La biblioteca di casa Leopardi

Vorrei però qui mettere l’accento su una diversa questione: quali fonti aveva il giovanissimo Leopardi per documentarsi? Sostanzialmente la sola biblioteca paterna, pur vastissima. Si trattava infatti di ben 16.000 volumi, suddivisi in modo ordinato in quattro stanze. Tuttora visitabile nello stato originario, compresa la stanza al primo piano nella quale Leopardi era solito studiare e scrivere, stanza dotata di 6.000 volumi. Per il resto era difficile trovare i testi desiderati. Ad esempio così scrive il padre di Giacomo in una lettera del 23 settembre di quell’anno indirizzata al cognato che si trova a Roma: “è smanioso di leggere la storia dell’astronomia di Gio. Federico Weidler. La ha cercata inutilmente in provincia. Vi prego di ricercarla costì e di ottenerla a qualunque prezzo e, se non può comprarsi, ottenerla almeno in prestito per poco tempo. Consiste in un solo tomo in quarto stampato in Vittenberga nel 1741 in latino. Se costì non fosse possibile averla, fatemi grazia di farla commettere da qualche corrispondente o in Milano o in Firenze o altrove”.

Ai tempi di Google, con i suoi libri disponibili on line, e di Amazon, con i suoi libri da scegliere on line e che arrivano a casa in poche ore, ci sembra un’epoca davvero lontana. Ma la disponibilità delle fonti è solo uno degli elementi per poter sviluppare la cultura. È certamente fondamentale: e va dato atto al padre di Giacomo, a volte vituperato, di aver raccolto un patrimonio librario imponente. Senza scendere al primo Ottocento, anche chi scrive ricorda le difficoltà di accesso alle grandi biblioteche fiorentine al tempo degli studi universitari. Si prendeva il treno, si arrivava in biblioteca, si consultava il catalogo e poi si doveva aspettare in fiduciosa e soprattutto paziente attesa che libro (forse) fosse disponibile. Spesso non lo era, e ci si doveva rassegnare a un viaggio a vuoto. Dobbiamo ancora lavorare per rendere davvero universale l’accesso alla conoscenza. Ma occorre ricordare anche il ruolo dell’impegno personale nella comprensione di quanto si studia.

1816, una intera estate senza sole

Giacomo Leopardi ha scritto la sua Storia dell’astronomia nell’estate del 1813, poco più poco meno. Qualche anno più tardi, nel 1816, sarebbe trascorsa una intera estate senza sole (incredibile scriverlo nella torrida estate del 2022 vero?), a causa di un eccezionale evento vulcanico che aveva oscurato per mesi i cieli di mezzo mondo. In quei mesi senza estate un gruppo di amici si sarebbe ritrovato chiuso in albergo a Ginevra a causa del cattivo tempo. Decisero quindi dapprima di leggere insieme racconti dell’orrore, poi di scriverli. Uno è rimasto molto famoso: quello di una giovane donna di 19 anni, Mary Shelley, autrice di Frankenstein. Mary era nata nel 1797: coetanea quindi di Giacomo, nato nel 1798.

Frankenstein

Per entrambi l’eccezionale capacità creativa si è alimentata di un doppio filone: la disponibilità di un certo numero di informazioni provenienti dall’esterno e la capacità di concentrazione interna e silenziosa.

E noi?

(nell’immagine in apertura dell’articolo: Mary Shelley)

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