Anselmo Grotti Comunicazione,Tutte 25 -Dall’estensione delle nostre facoltà alla relazione con l’artificiale

25 -Dall’estensione delle nostre facoltà alla relazione con l’artificiale



Serie “Comunicazione” – 25

È stato detto che, quando scriviamo, la punta della penna diviene un organo del nostro cervello. In effetti studi sperimentali hanno mostrato che nel cervello di scimpanzé cui sono stati prolungati gli arti anteriori con protesi artificiali si realizzano modificazioni tali che la percezione del corpo include la protesi stessa. A maggior ragione negli esseri umani la tecnologia si unisce indissolubilmente al corpo, diventandone una sorta di estensione, di prolungamento, di arto. Sono estensioni del corpo tutte le tecnologie che potenziano sensi (occhiale, telefono, tv, apparecchiature mediche e scientifiche) o muscoli (dalla bici all’auto, dall’aereo alla nave, dal motore a scoppio al quello a ioni). Ma lo sono anche quando potenziano le nostre facoltà intellettuali: dall’alfabeto ai numeri, dall’abaco al supercomputer.

Si tratta di una evoluzione durata migliaia di anni, che recentemente ha avuto delle accelerazioni importanti. Eppure, proprio mentre ci stiamo tutti abituando almeno un po’ a questa caratteristica, dobbiamo essere pronti a un passaggio ulteriore. Finora abbiamo cercato di capire come gli strumenti non siano parti staccate da noi, ma estensioni del corpo e della mente. Il passaggio che abbiamo davanti è del tutto inedito: l’autonomia degli oggetti tecnologici – e quindi per noi la necessità di comprendere in che modo relazionarci con essi. È probabile che la velocità con cui introiteremo nei nostri corpi e nelle nostre menti nuove “protesi” tecnologiche aumenti ancora più velocemente: questo processo, per quando accelerato nella velocità, non è però nuovo nella sua struttura fondamentale.

Quello che è nuovo invece è l’autogoverno che molte entità tecnologiche stanno acquisendo. Un elemento che porta indubbi benefici e facilitazioni, ma anche interrogativi nuovi. Anche in questo caso ci sono due livelli. Uno è fisico, ad esempio l’auto che si guida da sola o in generale l’internet degli oggetti. Un altro è concettuale: le reti semantiche e i sistemi esperti. Ma anche, più comunemente,  i risponditori automatici e gli assistenti virtuali. In modo analogo i problemi posti sono di due tipi. Il primo riguarda la sicurezza e la capacità di resistere a manipolazioni. Molte città sono governate da sistemi intelligenti che ne organizzano il traffico stradale. Recentemente è stata scoperta una vulnerabilità del software di gestione del flusso semaforico: sfruttandolo un gruppo terrorista avrebbe potuto immobilizzare e tenere sotto scacco un’intera metropoli. Il secondo è di natura più antropologica: come si modificheranno le nostre interazioni in presenza di una “popolazione” di questo genere? Come si formerà il senso di identità e di relazione dei bambini che interagiranno in modo sistematico non con la play station o simili ma con tecnologie “autonome”? Siamo di fronte a un gigantesco e non rinviabile compito di riflessione culturale e di formazione.

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